Via Università

Porzione sud di via Università. A sinistra la parete esterna della casamatta del Bastione dello Sperone, a destra la Porta dei Due Leoni

In principio, lungo quella che oggi è chiamata via Università, correva il perimetro murario della Cagliari pisana, e una serie di torrette tondeggianti, di cui si ricordano solo i nomi di quelle “del Conte” e “Falcones”, intervallavano una cinta fortificata che all’epoca si presentava fine e molto alta.

La muraglia, che partiva dalla Torre dell’Elefante e scivolava fino a quella del Leone, era una zona di sorveglianza posta al di fuori del perimetro della cittadella duecentesca, e sulla sua sommità si trovavano i camminamenti per le ronde che, in caso di bisogno, potevano ospitare i balestrieri. Le porte delle due torri maggiori erano difese da un fossato, dotato di ponte levatoio e bertesca che sporgeva oltre le mura, che fu riempito in epoca spagnola. Al suo posto, nella parte nord, venne costruito un bastione, mentre la porzione a sud, realizzata sotto la Torre del Leone, fu trasformata in uno stretto tornante che aveva la funzione di rendere lento e tortuoso il cammino degli assalitori che provavano a dirigersi verso la porta principale della cittadella. Oggi quel tornante, riadattato, ha preso il nome di Via Mario De Candia.

Porzione sud di via Università. A sinistra la Porta dei Due Leoni, a destra residui di cortina del Bastione del Balice, all’interno della quale sono stati ricavati piccoli ambienti

In epoca spagnola, con l’avvento della polvere da sparo, si avvertì la necessità di rinforzare le strutture difensive adeguandole alle nuove tecniche belliche. In questa ottica, nell’area antistante alla Torre dell’Elefante, il viceré Joan Dusay, governatore della Sardegna fra il 1491 e il 1508, fece erigere un piccolo baluardo dotato di una nuova cortina, provvista di un varco ribattezzato Porta del Balice.

Il rigore progettuale che governava il disegno dei nuovi sistemi di difesa cinquecenteschi esigeva l’impiego di ampi spazi funzionali, sia in ragione dei vincoli dettati dalle posizioni scelte per la realizzazione delle nuove cannoniere, sia per le geometrie imposte dalle regole del tiro incrociato delle artiglierie. Per tale ragione, fra il 1552 e il 1554, il baluardo del Dusay subirà una prima rimodulazione messa in opera dall’ingegnere cremonese Rocco Capellino, giunto in Sardegna al servizio di Carlo V.

Nel 1573 il Capellino verrà sostituito nella direzione dei lavori da Giorgio Paleari Fratino, che proseguirà i lavori di potenziamento corredando la città di Cagliari da sei bastioni intervallati fra loro da spazi di manovra. Lavorerà anche alla modifica della sagoma del bastione di Santa Croce, disegnando un saliente che definirà un avanzamento della linea difensiva lungo la cortina compresa fra il baluardo di Santa Croce e quello nascente di Sant’Antonio. In questo progetto, verrà proposto anche l’ampliamento dell’orecchione quadrangolare di quest’ultimo, occupando le aree del colle calcareo  che i pisani avevano escluso dal perimetro della cittadella duecentesca.

La nuova opera, ultimata durante il 1578 e ribattezzata con il nome di Baluardo di Sant’Antonio (oggi è noto come Bastione del Balice), insieme alla cortina della Porta del Balice, che ora andava dalla Torre dell’Elefante alla Porta del Leone (chiamata anche Porta Castello o Porta del Mare), contribuiranno, con il bassofianco aggiunto in epoca sabauda, tra il 1728 e il 1729, alla funzione di difesa del fronte meridionale dell’antico borgo del Castello.

Stretto tornande realizzato nella porzione sud di via Università

Il Dusay si era impegnato anche nella realizzazione, a sud-est, del Bastione dello Sperone (o della Leona), ma furono il Capellino e poi i fratelli Paleari Fratino, tra il 1573 e il 1578, a portare l’opera a compimento, realizzando un camminamento per il passaggio delle artiglierie che scorreva sotto il Bastione di Santa Caterina, e che collegava l’erigendo Bastione della Zecca con la contrada del Balice, l’attuale via Università.

In questo ultimo tratto, la cortina muraria del Balice fu dotata di un varco, sulla cui sommità vennero sistemate due teste leonine (che la battezzarono con il nome di Porta Duorum Leonum), un’iscrizione commemorativa (eliminata nel 1765 e ora conservata nel Museo Archeologico Nazionale di Cagliari) e uno stemma aragonese.

La realizzazione dei bastioni aveva dato inizio ai primi profondi stravolgimenti del tessuto urbano dell’area, e la nuova linea di difesa aveva determinato l’avanzamento della superficie rispetto al perimetro murario esistente, prevedendo l’abbattimento della più antica muraglia duecentesca e l’inglobamento di tratti della stessa (in certi casi anche di alcune porzioni delle torri circolari) all’interno dei nuovi edifici.

In basso, localini ricavati nella roccia di tufo. Sullo sfondo Palazzo Boyl

In pieno medioevo, fra le mura merlate e il barbacane posti dinnanzi alla Torre dell’Elefante, si era andato a formare uno spiazzo sul quale convivevano alcune strutture militari insieme a banchi e tavoli da mercato, regolati da una carta reale datata 11 settembre 1338.
Il bazar, nel quale si potevano acquistare fiori, carne, pesce e cereali, proseguì in mezzo agli strepitii, agli affari e agli imbrogli, fino a quando si avvertì la necessità di riorganizzare le strutture difensive.

Il terrazzamento si riappropriò quindi del suo ruolo militare per i successivi due secoli, dopodiché quello che nel frattempo era stato ribattezzato Bastione del Balice, durante la seconda metà del Settecento venne sgomberato dalle casermette dei soldati di fanteria e da un alloggio privato per carrozze (appartenente alla famiglia dei Sanjust), per permettere la costruzione del palazzo del rifondato Studio generale, e di lì a poco, nel 1770, anche del nuovo Seminario Tridentino, ceduto poi, nel 1955, all’Università di Cagliari.
Di quel superbo progetto, disegnato dall’ingegnere militare Saverio Belgrano di Famolasco mancava solo l’impianto del teatro, sacrificato alle esigenze dell’università che nel frattempo erano cresciute.

Palle di cannone incastonate nella muratura interna di un punto di ristostoro nella porzione sud di via Università

Il 1769 è un anno importante.
La nuova sede dell’ateneo, pregevole, elegante e luminosa, il primo giorno di novembre era pronta, nonostante avesse comportato lamentevoli mormorii e profonde conseguenze sul destino dei palazzi antistanti, specialmente nelle operazioni preliminari alla costruzione del Seminario Tridentino.
Furono soprattutto le proprietà della famiglia Sanjust a subire i maggiori danni, poiché ridimensionate dalla cessione di alcuni terreni e casolari situati proprio sulla terrazza del Balice.
Con la sua mole, il magnifico palazzo valse tuttavia a delimitare il nuovo tracciato di quella stradina ancora chiamata contrada del Balice che, nel corso dell’Ottocento, per l’attrazione esercitata dal più imponente edificio che vi sorgeva, prenderà il nome di via Università.

Durante il 1858, con il cosiddetto “Piano Cima”, venne tracciato il primo Piano Regolatore della Città di Cagliari, che prevedeva, in corrispondenza dell’orecchione quadrangolare del Baluardo del Balice, l’apertura di un passaggio per una nuova strada che avrebbe dovuto collegare il borgo del Castello all’Ospedale Civile, progettato dallo stesso Gaetano Cima nel 1842 ed entrato in funzione sei anni dopo.
La strada immaginata dal Cima, e ribattezzata via Cammino Nuovo, fu però realizzata con un tracciato diverso da quello indicato, ovvero con la demolizione di parte del fianco ritirato del Balice e la riconfigurazione sabauda di Santa Croce, nel tratto compreso fra il bastione e la via Santa Margherita.

Del fianco ritirato del Bastione del Balice oggi rimangono solo alcuni elementi.
In quello spazio, durante il 1882, venne smantellata l’antica Porta del Balice, mentre nel 1907, nell’ambito dei lavori di restauro della Torre dell’Elefante diretti da Dionigi Scano, fu demolito il corpo di fabbrica della casamatta seicentesca che permetteva l’accesso al primo piano della stessa torre.

Localino ricavato nella roccia di tufo

Sopravvivono l’orecchione quadrangolare, che, parzialmente interrato sul lato della via Cammino Nuovo, domina la scena ai piedi della Torre dell’Elefante, e una porzione della cortina della Porta del Balice, inglobata nelle modeste fabbriche di alcune unità abitative che fanno da avancorpo sul lato meridione della torre, nonché da traguardo ottico dell’odierna via Università.
Del parapetto dell’antica cortina rimane visibile solo un breve tratto all’estremità sinistra dell’opera, mentre una parte dei conci della scarpa e il cordolo della muratura sono stati parzialmente sostituiti con integrazioni lapidee durante gli ultimi interventi di restauro.

Trovare il Balice oggi non è facile. Nascosto alla vista dei passanti, sembra un luogo immaginario ingoiato dalla storia. Incastonato oltre piazza Yenne e il principio di via Giuseppe Manno, per poter accedervi si deve giungere in via Università  e attraversare il palazzo dell’Ateneo.
Alto, imponente, un tempo barriera contro le minacce e gli attacchi che arrivavano dal mare, adesso è una terrazza panoramica dal fascino senza eguali, utilizzata come parcheggio dai dipendenti dell’istituto superiore.

Via Università, nonostante sembri ancora avvolta da una patina di antichità, persa l’antica funzione difensiva, ha subìto invece una serie di rinnovamenti. In quest’area, infatti, più che a demolire si pensò di trasformare, e ricca com’era di storia e di glorie passate, è considerata ancora una nobile via per gli edifici che le facevano e le fanno da quinta.

Via Università

Superata la Porta dei Due Leoni, una serie di minuscoli localini, caratterizzati dalle pareti ricavate nella roccia di tufo, accolgono i visitatori in un quartiere che ha molto da offrire. Una piccola rientranza, all’interno della quale è stato ricavato un punto di ristoro, custodisce, a memoria di storie passate, due palle di cannone incastonate nella muratura.
All’occhio distratto possono sembrare semplici luoghi di passaggio, e infatti gli sguardi vanno di solito a soffermarsi subito su Palazzo Boyl che, eretto durante il 1841, venne costruito là dove un tempo sorgeva il limite della città duecentesca. Oggi, maestoso con la sua particolare balconata e le palle di cannone incastonate nella facciata, ingloba anche quella che era l’antica Torre del Leone, e osserva silenzioso i turisti che, spesso sperduti, si addentrano nell’antico borgo.

Immediatamente dopo, ad attirare l’attenzione è l’edificio che ospita il Teatro Civico (di Castello), inizialmente previsto tra l’università e il seminario, ma realizzato poi in una sala, ampliata per l’occasione, della casa del barone di Las Plassas don Francesco Zapata, che abitava a poca distanza.
In quella parte della strada, che terminava di fronte al Bastione della Zecca, durante la seconda metà del Settecento sorse un teatro in legno che diventò rapidamente una tappa obbligata per l’aristocrazia e gli ufficiali sabaudi, che lo frequentarono per dilettarsi con qualche esibizione canora o assistere alle rappresentazione di commedie.

La lunga facciata dei palazzi dell’ex Seminario Tridentino (civico 32) e del Rettorato (civico 40)

Mezzo secolo più tardi, poiché minacciava di andare in rovina a causa della deperibilità del materiale impiegato per la sua costruzione, il teatro venne ceduto alla Municipalità che, nel 1814, decise di ricostruirlo in pietra affidandone il progetto all’architetto Cominotti, anche se fu poi Gaetano Cima a portarlo a termine. Subì numerose chiusure e riaperture, e la favola finì nel 1943 sotto le bombe americane che lo polverizzarono. Ricostruito ancora una volta, rappresentò per più di un secolo uno dei polmoni culturali della vita cittadina, che lo amò fin quando la città di Cagliari venne dotata di nuovi e moderni teatri.

Al fianco del Civico, una serie di palazzine caratterizzate da piani bassi scavati nel tuffo, e che un tempo erano adibiti, nella maggior parte dei casi, a stalle dei palazzi, anticipano i severi muri dell’ex convento delle Scuole Pie. All’interno di questo vecchio edificio fece una breve apparizione, sotto le belle volte, la Biblioteca Popolare, trasferita poi nelle lontananze del quartiere La Vega.

La serie dei palazzi precedenti si caratterizzano invece per le volte a botte, le pareti in roccia, il cui calcare fu utilizzato come materiale da costruzione, e per le cisterne del periodo medievale ancora custodite nei loro interni.

Al centro, la mole della Torre dell’Elefante. Subito alla sua sinistra, la porzione della cortina dove anticamente era stata ricavata l’antica Porta del Balice. Parte di quella muraglia oggi è inglobata in alcune piccole unità abitative che fanno da avancorpo alla torre.

Il paramento murario esterno del Palazzo Sanjust Ripol, tra i civici 31 e 35, spicca inoltre per la presenza di un’iscrizione di età imperiale che accentua il fascino dell’antico edificio.

Dalla parte opposta, un lungo e stretto bastione sovrasta quella che un tempo era l’antica salita del Balice, e che tuttora termina sotto la mole della Torre dell’Elefante.

A dominare il lato sinistro della strada è la lunga facciata dei due palazzi settecenteschi che ospitano le sedi dell’ex Seminario Tridentino e del Rettorato dell’Università di Cagliari. Costruiti fianco a fianco, e scanditi da alte lesene, tra le quali si aprono le diverse finestre dei tre livelli, alla base spiccano, sopra ogni cosa, i due notevoli portali. Il primo, realizzato in stile tardobarocco, è messo in risalto da una bella modanatura aggettante, mentre il secondo, più semplice, è invece sormontato da un timpano curvilineo spezzato.

Alta, imponente, luminosa. È così che si presenta infine la torre, elemento di rilevanza storica ed architettonica che impreziosisce fortemente il profilo urbanistico non solo della via, ma dell’intero quartiere di Castello. Giovanni Capula, dalla lapide consunta e ormai solo appena leggibile, ci avverte, ieri come oggi, del suo destino di forza indistruttibile.