Il quartiere Castello

Via Università

Castello (“Castédd’e susu” in cagliaritano) è il cuore di Cagliari per antonomasia, il principale dei quattro quartieri storici della città, ed è qui, in questo massiccio colle calcareo, il più antico attualmente abitato ed il più ricco di monumenti, che chiunque si ritrovi a passeggio per questo luogo incantato non può che stupirsi per i bellissimi panorami che regalano prospettive diverse ad ogni sguardo e ora del giorno, per la concentrazione di chiesette incastonate tra antiche mura (veri e propri gioielli di archeologia tra un palazzo e l’altro), per la varietà di edifici di interesse culturale, per i musei e gli scorci caratteristici che si snodano attraverso un percorso alla scoperta dei segreti della città medievale, tra mura possenti e torri imponenti.

Castello racchiude i luoghi più suggestivi del capoluogo isolano, tra strette vie, scalette, piazzette che si aprono come terrazze su panorami che rubano il fiato, pronti ad immergersi con disinvoltura tra mare e terra, tra colori e profumi di una tradizione capace di avvolgere in una luce del sole che ne illumina tutte le sfumature.

Tutto questo è  il prodotto di decine e decine di generazioni di uomini e donne, di differenti civiltà e matrici etnico-culturali, che, nel corso dei secoli, hanno stratigraficamente reso questo quartiere un luogo da amare e conoscere in ogni suo aspetto.

Il quartiere, che dall’alto domina tutta la città, nasce con una forte vocazione a costituirsi in roccaforte, e come in ogni luogo fortificato, l’involucro difensivo caratterizzato da torri, mura e bastioni, ne rappresentava l’immagine esterna.

Il progetto urbano è ispirato invece al modello ideale di città dotata di tre strade principali e relative porte, con al centro la Platea Comunis, ed il parallelismo delle tre vie in curva, realizzato con grande precisione, contribuisce a ridefinire gli isolati, che risultano allungati e separati da traverse. Il tracciato della strada centrale viene riportato a modello anche per le due laterali, con notevole precisione e riscontri nelle lunghezze dei singoli tratti.

La morfologia del sito, allungato da nord a sud, e la presenza del recinto difensivo, i cui terminali sono oggi costituiti dalla Torre di San Pancrazio e da quella del Leone, hanno condizionato la susseguente formazione del tessuto edilizio e della trama viaria, comprimendo l’uno e l’altra secondo uno schema fusiforme, riscontrabile in molti borghi fortificati medievali.

La retta tra le due porte-torri sarà utilizzata come “asse sacro” per le successive operazioni di ampliamento urbanistico, poiché verrà scelta con assoluta precisione per determinare la direzione delle strade principali dei due nuovi quartieri di Villanova e Stampace. La direzione dello stesso asse, posta ad alcuni gradi ad est del nord, appare rivolta anche verso la città di Pisa, madre della colonia.

Le case presenti all’interno del Castellum Castri de Kallari erano costruite a più piani, con ballatoi sporgenti a mensola all’uso pisano e aperte al piano terra, dove ospitavano magazzini e luoghi di riunione, mentre l’approvvigionamento idrico veniva assicurato da tre grandi fontane (San Pancrazio, Santa Lucia e Santa Croce).

Ingresso al Libarium Nostrum: un moderno locale “ospitato” all’interno di tre ambienti dell’antica Torre Mordente

Al di là dei problemi connessi alla genesi del Kastrum, è certo che l’andamento del colle originario, su un piano inclinato ed allungato, ha posto all’insediamento una forma obbligata, rimasta statica nel tempo, e questa forma, bloccata fin dagli albori, ha condizionato anche lo sviluppo del quartiere, poiché, negli anni a venire, nonostante la progressiva perdita delle fortificazioni, non ha mai avuto nessuna possibilità di espansione.

Nel XIX secolo l’odierno quartiere Castello raggiunge l’apice del suo ruolo rappresentativo, ma vede anche l’inizio della sua parabola discendente. Tra Ottocento e Novecento passa infatti da capitale di reame a città di provincia, e la sua decadenza viene aggravata anche dallo spostamento del municipio nella città bassa e dalla successiva espansione degli antichi borghi legata alla demolizione delle mura.

La progressiva emarginazione fisica e sociale si è tradotta, con il passare degli anni, in un impoverimento che è continuato fino al 1943, quando i bombardamenti hanno aperto un nuovo capitolo nelle vicende del quartiere.

Nel primi decenni dell’Ottocento la funzione delle mura era sempre meno legata a scopi militari e di difesa, tanto da renderle praticamente inutili. Verso la metà dello stesso secolo si iniziano ad abbattere le cinta bastionate, ma Castello non subisce demolizioni consistenti, data l’evidente difficoltà di intervento sulle sue mura, e l’aspetto più importante fu dunque la trasformazione dei bastioni, posti a sud, in belvedere, e la liberazione delle torri pisane dalle costruzioni addossate contro le loro strutture.

Quando Cagliari fu cancellata dall’elenco delle piazzeforti – Regio Decreto n.3467 del 31 dicembre 1866 – vennero poste le premesse per un recupero all’uso collettivo delle aree di Demanio militare. Ciò permise, tra le altre cose, di trasformare radicalmente l’estremità settentrionale e meridionale del quartiere, rispettivamente con la realizzazione della Cittadella dei Musei e del Bastione di Saint Remy.

Con la successiva riforma dei consigli comunali delle città sarde, anche Castello subisce un processo di stratificazione, durante il quale, palazzi gentilizi o borghesi, complessi religiosi, conventuali e universitari, inglobano parte delle strutture più antiche, senza tuttavia spezzarne l’originario impianto urbanistico. Il quartiere si presenta infatti ancora ricco di grotte, scavate secoli addietro per ricavarne delle cisterne e raccogliere le acque piovane che, dai tetti, venivano incanalate nelle parti inferiori dei palazzi; da lì, attraverso dei passaggi verticali, che attraversavano tutti i piani e arrivavano fino alle cisterne, veniva presa l’acqua con dei secchi calati dalle case. I proprietari di questi palazzi avevano sfruttato gli ambienti sotterranei ricavandone serbatoi e cantine, mentre durante il secondo conflitto, come accadeva anche in altre case di altri quartieri addossate alle rocce, gli stessi spazi vennero adibiti a rifugi antiaerei.

Oggi molti proprietari conservano gelosamente queste memorie all’interno delle proprie abitazioni.

Portale d’accesso dell’Antico Palazzo di Città

Nei primi anni del Novecento la città volta le spalle al suo passato con i primi tentativi di insediamento industriale lungo i viali la Playa, Trieste e Bonaria, dimostrando il lento, ma costante, spostamento d’interesse verso le zone ai margini dell’antico centro. La popolazione nei primi decenni del XX secolo raddoppia, e il quartiere Castello, con l’avvenuto trasferimento del centro cittadino nella città bassa, viene pian piano abbandonato al suo destino.

La conseguenza fu la decadenza di un gran numero di insediamenti, via via abbandonati o utilizzati come abitazioni popolari. Gli edifici in cui si è mantenuta invece una continuità di destinazione o il cui uso è stato riconvertito, oppure recuperato in funzione monumentale, oltre che interessanti sotto il profilo architettonico, oggi sono tracce fondamentali per comprendere l’evoluzione della storia della città.

Nei programmi del Piano Regolatore approvato nel 1942, Castello venne poco considerato per via del peso marginale che aveva nell’ambito dell’espansione urbana, ma a trasformare il quartiere ci penseranno i bombardamenti dell’anno successivo.

L’antico rione fu definitivamente cristallizzato con l’adozione del Piano Regolatore Generale del 1965, che imponeva il risanamento di conservazione ed il mantenimento dei volumi e delle architetture, rimandando il problema dei Piani Particolareggiati, previsti ma mai attuati. L’adozione del piano dei servizi del 1983, infine, non face che rimandare ancora una volta le scelte, spostando sine die la soluzione del problema di un quartiere sempre più bisognoso di un definitivo intervento.