Piazza Arsenale, ieri come oggi, si presenta come un quadrilatero “chiuso” che dà il benvenuto al quartiere Castello, e che comunica con quattro porte che si aprono verso un fronte differente l’uno dall’altro.
Lo slargo, che consente l’accesso all’antico borgo fortificato, era una vera fortezza militare, mentre oggi è diventata un’area urbana scenografica, originale e di grande suggestione, tanto che già dai primi passi, per chi arriva da S’Avanzada o da Porta Cristina, è chiaro che ci si sta immergendo in un contesto storico e architettonico di considerevole interesse.
La piazza, che cominciò ad assumere la forma attuale dopo il 1910, prima di allora è stata per alcuni secoli uno spazio angusto prossimo al ponte levatoio che conduceva fuori Castello, per poi divenire, in tempi un po’ più recenti, il palcoscenico nel quale sono sorte alcune delle strutture destinate all’uso carcerario e militare.
La pianta del Regio Arsenale, redatta da Carlo Pilo Boyl nel 1824, mostra infatti l’area come il prolungamento esterno dell’Arsenale, lo stabilimento militare che sorgeva tra Porta Cristina e la Torre di San Pancrazio, e dalla cui ristrutturazione, a partire dal 1950, è sorta poi la Cittadella dei Musei.
Anticamente questo era il luogo più fortificato della città, difeso dalla torre prigione, dal ponte levatoio di S’Avanzada, dai barbacani vicini, dalle controporte e mura aggettanti che si insinuavano verso la strada che da Villanova conduceva al Castello e viceversa.
L’intero spazio faceva parte del Baluardo di San Pancrazio, e al di là della Porta dell’Arsenale si aprivano i depositi di munizioni, le caserme ed il variegato mondo di militi e ufficiali che avevano difeso la città.
Oggi l’area è delimitata da mura e da costruzioni vetuste, casamenti suggestivi, ma se vogliamo anche sventurati, poiché sono ancora visibili le inferriate delle prigioni, mentre l’alta e tersa mole della Torre di San Pancrazio che la sovrasta, rende monumentale e solenne tutto lo spiazzo.
Il primo ingresso alla piazza è la salita di S’Avanzada che inizia a prendere forma all’incirca durante la seconda metà del 1500, quando re Carlo V, in visita in città, rilevò che il Baluardo di San Pancrazio, voluto dal viceré Dusay e risalente al 1503, era già una costruzione superata e occorreva pertanto sottoporre la fortezza ad un lavoro radicale di potenziamento ed ammodernamento.
Dopo le operazioni di riattamento avvenute in epoca ottocentesca, fino agli inizi del XX secolo la complessa struttura era articolata in due varchi messi tra loro in comunicazione da un passaggio sinuoso e protetto in entrambi i lati da alte muraglie. La prima porta era costruita su una cortina che andava dal contrafforte roccioso che incombe sulla storica Scuola all’Aperto “Attilio Mereu”, alla muraglia che si leva sull’altro lato della strada. Di questa porta (chiamata Porta Falsa) oggi rimane solo una epigrafe latina del 1728, incassata nel muro imponente posto alla destra di chi sale, ma che in origine si trovava sopra l’arcata del varco improvvisamente distrutto durante il 1912 per far passare il tram.
La seconda porta (di Altamira) è invece quella che conosciamo noi, e la sua realizzazione la si deve al viceré conte don Luis de Moscos Ossorio de Altamira. Sul finire del XVII secolo, il vice sovrano prese in considerazione la costruzione di una nuova porta fortificata, da elevare sopra una porzione di quello che era l’antico fossato medievale che circondava la grande torre, all’altezza dell’ormai scomparso ponte levatoio.
Nel 1826, durante i lavori per la sistemazione di quella che diventerà poi piazza Arsenale, con l’abbassamento del livello del fossato e lo sbancamento degli slarghi, la Porta di Altamira venne rielaborata, ricomponendo più in basso sia lo zoccolo che la soglia e l’arco.
Nel 1912 infine, per favorire il percorso della linea tramviaria dell’Avanzada all’interno del Castello, la stessa porta subì ulteriori rimaneggiamenti in funzione del più moderno passaggio del tram.
L’originario varco di accesso (che purtroppo non esiste più) risultava perfettamente incastonato tra due alte pareti di roccia sovrastate dall’antemurale della torre, a sinistra, e dal possente baluardo del Dusay a destra. Oggi la struttura e le aperture con feritoie che ne proteggevano l’accesso appaiono ancora come un’opera militare dall’architettura efficace e poderosa.
Di recente, poi, un pregevole restauro, che ha tra l’altro messo in vista anche un bell’arco collegato alla Torre di San Pancrazio, ne ha certamente valorizzato l’intero monumento.
Questo ingresso, a differenza di come si potrebbe immaginare, non era un passaggio destinato solo a militari, armigeri o ufficiali, ma è stato anche testimone di angosce e sofferenze che provenivano dai condannati, spesso rasati e seminudi, che giungevano dal contado. I condannati attraversavano le vie della città accompagnati dai soldati per essere portati fino alla torre, torre che in questi momenti, attraverso una campana posizionata in cima, suonava lugubre e lenta (era conosciuta come “sa campana mala”, e in un primo momento era posizionata sopra la Torre del Leone).
S’Avanzada, che da piazza Arsenale riporta ai Giardini Pubblici, allo stato attuale rimane una bella salita dove ci si può soffermare ad ammirare la lunga catena dei tetti di Villanova, i nuovi palazzi, Monte Urpinu e il Campidano da una parte, la Sella del Diavolo, la Basilica di Bonaria e lo scintillio del mare dall’altra.
Porta Cristina, invece, che immette nella piazza Arsenale passando dalla passeggiata panoramica dal viale Buoncammino, venne costruita nel 1825 su progetto del conte Carlo Pilo Boyl di Putifigari, ed è realizzata in calcare bianco proveniente dal colle di Bonaria.
Il nuovo ingresso, che ampliò e abbellì la vecchia porta di soccorso già esistente, fu voluto dal re Carlo Felice di Savoia che lo dedicò alla sua sposa Maria Cristina di Borbone.
La porta, che venne battezzata con i nomi di “Porta Cristina” e “Porta della Regina”, aveva la funzione di mettere in collegamento la rocca col baluardo settecentesco del “Tenaglione della Concezione”, ideato all’epoca per contrastare i cannoni del nemico, che col trascorrere del tempo continuavano a perfezionarsi. Questo baluardo si concludeva più o meno al termine dell’attuale caserma Carlo Alberto, sede della Polizia di Stato, con un’altra Porta Reale che congiungeva i bastioni di San Filippo e del Beato Emanuele (i due bastioni e la Porta Reale formavano appunto “Il Tenaglione della Concezione”).
Porta Cristina nacque quindi come ingresso interno alla fortezza e per questo motivo ebbe minori caratteristiche militari, minori protezioni, lineamenti più civili e di transito.
Visivamente si ispira alla facciata interna della Porta Pia di Roma, e presenta l’arco di accesso aperto tra due lesene che reggono una trabeazione delimitata da due cornici aggettanti, entro le quali è posta una lunetta semicircolare in cui si trova l’iscrizione dedicatoria.
Superata Porta Cristina (sullo stesso lato, in fondo alla piazza, di fronte alla torre), all’interno di un edificio di pertinenza della Soprintendenza si possono ancora vedere (guardando oltre le vetrate del muro d’angolo) i resti della Torre Franca e delle sue mura. L’attuale edificio custodisce anche una piccola esposizione relativa agli strumenti in uso presso tali uffici dalla fine del 1800 ad oggi.
Subito a sinistra ci si imbatte invece nell’arco del Palazzo delle Seziate (chiamato anche “Arcone della Zecca” o “Porta dell’Ospedale delle Carceri” che sostituì la più antica “Porta di San Pancrazio”), che altro non è che un basso portico sovrastato dall’edificio dove attualmente ha sede la Soprintendenza Archeologica. L’arco del Palazzo delle Seziate collega le due piazze adiacenti: piazza Arsenale e piazza Indipendenza.
Alla destra di Porta Cristina, infine, c’è la Porta Arsenale, eretta in maniera elegante e pretenziosa nel 1825 dallo stesso architetto militare Boyl. Il varco, maestosa testimonianza di un’epoca passata, oggi costituisce il monumentale ingresso alla Cittadella dei Musei.
La struttura, che si ispira alla Porta del Popolo di Roma, realizzata in stile neoclassico, è composta da quattro antiche colonne di granito che sorreggono un arco, sopra al quale si notano le armi in bronzo del Regno di Sardegna e l’iscrizione commemorativa. Il vecchio e imponente portone bronzeo che appare nella foto è invece opera degli scultori Mario Salazzari e Riccardo Cassini e risale al 1979.