Superato il cinquecentesco arco a botte della Porta dei Due Leoni, estremo ingresso meridionale del quartiere Castello, un piccolo tornante urbano inizia a digradare ripidamente in direzione del porto, disegnando un corridoio che sembra voler condurre proprio verso il cuore dell’antico borgo marinaro.
Lasciati quindi alle spalle l’orecchione e le possenti mura medievali del Bastione dello Sperone, ci si ritrova in una via che vede gli albori presumibilmente in epoca spagnola, quando, in conseguenza alla realizzazione di una cortina più robusta e di una nuova porta, si rese necessario dare vita anche ad un sentiero militare capace di raccordare la città alta con i sottostanti borghi di Nova Villa e Lapola.
La strada, stretta, tortuosa, e in forte pendenza, nei primi tempi era percorsa nei due sensi solo dai soldati che si spostavano fra i bastioni con le armi da fuoco. Non sempre praticabile, perché spesso ingombra di lunghe colonne di uomini e carri che componevano l’esercito, i mercanti iniziano a frequentarla solo alcuni decenni più tardi, quando, riuscendo ad attraversarla perché libera dagli sbarramenti, si rendono conto che rispetto alle altre mulattiere permetteva un più agevole e veloce collegamento con il porto.
È però il passaggio dei primi signori del Castello, che, adattandola anche al transito delle carrozze, la aprono senza più ingombri in funzione delle esigenze di tutta la popolazione.
Con il tempo, l’utilizzo del tracciato diventa sempre più frequente e il via vai dei nobili più intenso, così come la frequentazione dei pedoni e dei pellegrini che si inerpicavano verso la cattedrale.
L’antico sentiero militare si trasforma ben presto una vera e propria strada, tanto che, tra il XVII e il XVIII secolo, vi si trasferiscono anche le botteghe degli orafi, che, allettati dall’intensità del traffico, lasciano l’antica via La Marmora per stabilirsi fuori dalle mura del Castello.
Sono in tanti a percorrere quella viuzzola, attratti dai laboratori che producevano monili e ornamenti preziosi, e per questo motivo i popolani iniziano ad indicarla come Calle de Los Plateros – la via degli Argentari.
La via, cerniera tra il Castello e la parte bassa della città, oggi non ha da mostrare palazzi meritevoli dal punto di vista architettonico o artistico, ma può certamente vantare di un passato storico non trascurabile.
Nell’agosto del 1708, sbarcati da una flotta agli ordini dell’ammiraglio John Leake, i militari inglesi e olandesi conquistano Cagliari. L’impresa ha un preciso obiettivo: sottrarre la Sardegna alla Spagna e trasformarla in un dominio austriaco. Via degli Argentari si popola per la prima volta di soldati stranieri che si preparano a varcare la Porta dei Due Leoni. Poco dopo i cagliaritani assistono al mesto passaggio dei prigionieri catturati nel Palazzo Regio.
Una decina di anni dopo si replica. Nell’estate del 1717 la Spagna decide di riconquistare la Sardegna, e a tal fine prepara un’imponente flotta, che, alla fine di luglio, salpa verso Cagliari.
L’impresa riesce con un unico cannoneggiamento, e i filoaustriaci, finiti in ceppi, attraversano la via degli Argentari seguiti per la seconda volta dagli sguardi attoniti della popolazione.
Il 3 marzo 1799, la strada vede invece il passaggio verso il Palazzo Regio di Carlo Emanuele IV, re di Sardegna, della regina Maria Clotilde, dei quattro fratelli del sovrano e della corte sabauda, scappati da Torino per sfuggire ai francesi. In testa un gruppo di miliziani a cavallo, poi una compagnia di alabardieri, la carrozza reale con il suo seguito, e in coda, altri reparti di miliziani ed una marea di popolo festante.
In seguito allo sbancamento delle rocce e alla demolizione delle vecchie e fatiscenti botteghe, la strada inizia ad urbanizzarsi, e nei due lati compaiono i primi palazzotti caratterizzati dai balconcini con ringhiere in ferro battuto.
Benché breve, la via ha cessato da tempo di essere soltanto un luogo di transito o di processioni religiose, e le nuove abitazioni consentono la permanenza di famiglie che, con la loro presenza, stimolano l’insediamento di nuove e molteplici attività commerciali e laboratori artigianali. Durante l’Ottocento è però il comparto della carta stampata con le tipografie e le librerie a popolare la strada, che diviene un punto di riferimento per l’intellettualità cagliaritana.
Siamo ormai alla fine del XIX secolo, e nella primavera del 1892 l’antica via degli Argentari viene intitolata ad uno dei più illustri personaggi del Risorgimento italiano: Giuseppe Mazzini.
Intanto, un altro evento storico sta per abbattersi proprio sul punto più alto della strada.
Nella piccola aiuola circolare che accompagna la curva, nel 1913 una fontanella viene sostituita dal busto di Giordano Bruno, un celebre filosofo e teologo domenicano condannato per eresia e arso vivo a Roma nel 1600.
Nell’autunno del 1926 però, in pieno regime fascista, il commissario prefettizio comunale, Vittorio Tredici, fa improvvisamente rimuovere il monumento, voluto all’epoca dalla cittadinanza e costruito tramite una raccolta fondi, poiché incompatibile con il regime.
Dopo un’aspra polemica, che a Cagliari coinvolse massoni, laici e cattolici, il busto realizzato dallo scultore Antonio Bozzano, raffigurato con un viso pensoso attraversato dalla sofferenza, le mani strette sul grande mantello che gli copre il capo, ma lascia libero il volto, viene messo all’intero di un sacco e, con un carretto, trasportato nei locali del vicino rettorato.
Durante gli anni ’60, il frastornato Giordano Bruno viene nuovamente trasferito, ma questa volta finisce nell’atrio della Facoltà di Lettere e Filosofia a “Sa Duchessa”, dove, alla vista di professori e visitatori, ancora adesso accompagna silenziosamente gli studenti fino alla laurea, mentre nell’aiuola di via Mazzini, dalla prima metà del Novecento, continua a ergersi una palma.
Allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, via Giuseppe Mazzini è perfettamente integrata nel centro cittadino, e vanta una bellezza da raccolto angolino di matrice borghese.
Purtroppo però, non viene risparmiata dai bombardamenti, che polverizzano i palazzi addossati al Bastione dello Sperone e causano gravi danni agli edifici posizionati nei due lati del segmento iniziale della strada.
Dopo il turbine del conflitto, la via prova a ricominciare, ma gli edifici sopravvissuti sono pochi, e nonostante una prima ripartenza, oggi è ritornata ad essere quasi solo un luogo di transito tra le due Cagliari, quella alta e quella bassa.
Se si esclude la parte finale, non offre molto, e si caratterizza principalmente per i buchi causati dagli ordigni angloamericani che l’hanno sconvolta. Nella parete del Bastione dello Sperone sopravvive però una lastra marmorea che vuole celebrare lo scrittore Giuseppe Dessì, nato nel 1909 in una casa che fino allo scoppio della guerra poggiava proprio su quell’antica fortificazione.