Con la sua grandiosa scenografia neoclassica, il Bastione di Saint Remy è la più imponente opera architettonico-urbanistica presente nel cuore della città di Cagliari, e la sua ampia loggia, immaginata nel 1876 ed intitolata al re sabaudo Umberto I, assassinato a Monza durante gli anni della sua costruzione, oggi è qualcosa di più di un bianco balcone affacciato sul Mediterraneo.
Come tutti i luoghi alti, ha un fascino misterioso che attrae la gente a frequentarlo per un momento di incontro, una chiacchiera, o più semplicemente per coglierne da vicino la reale bellezza, la maestosità e la potenza della struttura.
Dal suo belvedere poi, il colpo d’occhio è spettacolare. La visuale si apre improvvisa su un panorama sconfinato fatto di case, piazze e vie protette dalla mole del monumento, dalle quali si alza un fragoroso e indistinto brusio, e da dove si può scorgere un brulichio di persone e di auto piuttosto vivace. Più in là, le colline di Sant’Elia, di Bonaria e di Monte Urpinu, e ancora la vista si allarga su un mare scintillante che si perde in un baluginare di riflessi oltre l’orizzonte.
Lo scalone a doppia rampa, che consente di accedere alla terrazza da piazza Costituzione, si interrompe nella Passeggiata coperta, un’elegante galleria espositiva che dai suoi finestroni regala altri preziosi scorci di città, per poi terminare definitivamente sotto un elegantissimo arco trionfante.
Una volta arrivati in cima, ad accogliere il visitatore è invece una vastissima platea realizzata in granito chiaro che ne illumina lo spazio e la rende visivamente ancora più immensa.
Nella Cagliari del primo Novecento, quasi totalmente priva di emergenze architettoniche, il Bastione di Saint Remy, dal nome del primo viceré sabaudo, Filippo Guglielmo Pallavicino, barone di Saint Remy, esercitava una singolare attrazione. Vastissimo (quasi 4500 mq), nelle serate d’estate consentiva alla popolazione di passeggiare pigramente godendo della brezza marina. Poche altre città italiane potevano vantare una balconata del genere.
I cagliaritani ne andavano orgogliosi e vedevano in quella monumentale costruzione il segno della politica del sindaco Ottone Bacaredda rivolta a modernizzare Cagliari.
La grandiosa opera fonda in realtà le sue origini il 12 giugno 1535, quando Carlo V giunge a Callari.
Quel giorno gli abitanti si ritrovano assiepati e vocianti sulle banchine del porto per ammirare la flotta alla quale spettava il dovere di attaccare Tunisi e dare una sonora lezione ai corsari barbareschi, colpevoli di effettuare frequenti colpi di mano nelle regioni costiere delle nazioni cristiane.
L’imperatore non si trattiene molto in città, ma la sua breve visita è sufficiente per fargli comprendere l’importanza di questo luogo come avamposto proteso nel Mediterraneo.
Il discendente asburgico decide subito di farne irrobustire le difese mediante la costruzione di bastioni in grado di resistere alle armi da fuoco che hanno ormai fatto la loro comparsa nello scenario della guerra.
L’incarico va all’architetto Rocco Capellino che progetta un maestoso complesso. Ne faranno parte il Bastione dello Sperone (lungo l’attuale via Mazzini), il bastione che prospetta sull’odierno Terrapieno (solo successivamente ribattezzato della Zecca, poiché dalla metà del Seicento ospiterà un’officina per coniare monete), e il bastioncino di Santa Caterina.
Il ruolo di piazzaforte militare, a Cagliari, permarrà formalmente sino al 1866.
Il 31 dicembre di quell’anno sarà un momento determinante per i cagliaritani, oltre che un’indicazione cronologica particolarmente importante, poiché consentirà di dare attuazione al primo piano regolatore della città, elaborato da Gaetano Cima.
Fino a quella data i bastioni sono vietati agli usi civili, ma quando la funzione militare di quelle muraglie viene meno, Cagliari incomincerà a darsi un nuovo assetto di città dedita non più solo ai traffici mercantili, ma si aprirà divenendo anche una piazza di industrie e di commerci. Inoltre, all’intraprendente borghesia d’origine sarda si unirà anche quella di importazione, e la conformazione urbana che sino a poco tempo prima aveva conosciuto un certa stabilità, vedrà raddoppiare in poco tempo la sua estensione.
Il crescente benessere economico delle famiglie porterà il primo cittadino, Ottone Bacaredda, a proiettare Cagliari verso il mare, impiantando un nuovo municipio, e iniziando a darle quel decoro urbano che da tempo meritava.
Durante la prima metà dell’Ottocento, l’Amministrazione Civica comincia a mettere mano sulle antiche opere fortificate, provvedendo a lastricare con trachite il bastioncino di Santa Caterina e ad abbellirlo con dei pini marittimi. Identica pavimentazione e stessi alberi verranno sistemati anche nel più ampio e massiccio Bastione dello Sperone.
Indifferenti alle esercitazioni di equitazione, ai cannoni divenuti nel frattempo oggetto d’antiquariato, e agli inconvenienti presenti nei baluardi ancora mezzo fermi allo stato di ingombranti fortificazioni, i cagliaritani eleggono subito i due spazi, collegati tra loro da una strettissima scala, a passeggiata nella quale recarsi non solo durante l’estate ma anche nelle giornate invernali riscaldate dal sole. Una mondanità che verrà interrotta solamente quando gli inglesi incominceranno le azioni di disturbo sugli obiettivi italiani, bombardando Cagliari durante l’orribile anno del 1943.
Gli anni appena successivi al 1866 sono concitati. La città inizia ad essere percorsa da una frenesia demolitrice che non risparmierà neppure le porte e le cortine murarie che, anzi, appariranno ai più come residuati da eliminare al più presto in nome del progresso. L’antico complesso cinquecentesco ostacola lo sviluppo della città e, pertanto, va eliminato. In tal modo sarebbe stata soddisfatta anche la vecchia e sentita aspettativa di collegare la rocca con Villanova, che prometteva nuove e vaste aree edificabili.
Le idee e i propositi rimangono però solo sulla carta perché le finanze civiche non sono in grado di sopportare contemporaneamente l’onere conseguente all’atterramento dei bastioni di Santa Caterina, dello Sperone e della Zecca.
Dieci anni più tardi, l’ingegnere capo del Comune, Giuseppe Costa, riprenderà il progetto di sistemazione dei bastioni meridionali del capoluogo, già previsto dall’architetto Gaetano Cima nel piano urbanistico del 1858. Il disegno contemplava anche uno scenografico scalone che, a partire dalla piazza Costituzione, avrebbe dovuto snodarsi verso Castello, mettendo in raccordo una serie di terrazze-bastioni a più livelli, inframmezzate da una “passeggiata coperta” che avrebbe costeggiato una parte del Terrapieno.
L’elaborato rimane tuttavia nel cassetto fin quando, nel 1896, la Cassazione pone fine ad una pluridecennale lite tra il Comune di Cagliari e lo Stato.
Ne consegue che nelle casse del Comune arriva d’improvviso una somma di denaro enorme, e senza perdere troppo tempo si decide di investire i primi fondi nella sistemazione dei bastioni. L’appalto se lo aggiudicherà l’impresa Giuseppe Picchi.
I tre baluardi, però, non si trovano nello stesso piano, e per far nascere la Terrazza Umberto I sarà necessario livellare i due bastioni dello Sperone e della Zecca. Santa Caterina verrà invece solo riconfigurata, e mantenuta quasi al suo piano originario.
Tutto l’intero spazio avrà subito una nuova pavimentazione e, soprattutto, una illuminazione adeguata al passeggio durante le ore più buie.
Insieme alle muraglie cadono anche le bottegucce improvvisate sorte nel frattempo ai piedi del baluardo, mentre lo scenografico fronte inizia a prendere forma nello spiazzo che verrà poi ribattezzato piazza Costituzione. Lo caratterizzano conci scalpellati di calcare bianco con striature giallognole, estratti nelle cave di Bonaria, mentre nel bel frontone vengono impresse due date in numeri romani: 1899 e 1903, che indicano rispettivamente l’inizio e la fine del lavori.
Ciò che colpisce è soprattutto la sontuosità tutta classica del manufatto, realizzato in pietra calcarea di Bonaria e granito grigio: paraste e semicolonne di ordine gigante con capitelli in stile neo-corinzio ne scandiscono i prospetti. Archi a tutto sesto nelle aperture della Passeggiata coperta, e poi modanature, riquadri, mensole, dentelli, linee marcapiano. La scenografia raggiunge il punto massimo nella facciata, larga 40 metri, con quattro rampe di scale che si snodano a due a due seguendo un andamento semicircolare. Alla base, un’ampia nicchia ovale (avrebbe dovuto accogliere una fontana mai realizzata) e sulla sommità, come un fastigio, una torretta riecheggiante l’arco trionfale quadrifronte.
Delimitata da un parapetto e pavimentata con piccole pianelle quadrate di cemento, la terrazza dedicata ad Umberto I si presenta invece sterminata ed ariosa, un balcone da cui l’occhio spazia sulla città e i suoi dintorni. Qua e là i grandi pali che terminano con un becco ricurvo da cui pendono i globi dell’illuminazione. Di fronte alle scale, una zona verde e alcune panchine in ferro. Lungo il parapetto, sedili in marmo.
Sulla Terrazza di Santa Caterina, ristrutturata con lo stesso criterio, si conserva l’aria di un salotto all’aperto da cui si può volgere lo sguardo verso l’orizzonte. Sotto il suo piano di calpestio è invece custodito un ipogeo, risalente al III secolo a.C., di pregiatissimo valore storico, archeologico e paesaggistico. Il belvedere è unito alla loggia inferiore da due scale, realizzate con gradini in marmo, che conferiscono al monumento un’allure raffinata.
Il livello più basso, infine, ospita il salotto storico per antonomasia della città: la Passeggiata coperta.
Progettata dagli ingegneri Giuseppe Costa e Fulgenzio Setti, si sviluppa lungo il viale Regina Elena, sul quale si affacciano una serie di undici finestroni, all’epoca privi di vetrate.
Vi si accede dal ripiano a metà facciata del bastione, e si caratterizza per i suoi robusti pilastri che la dividono in tre navate, di cui, quella centrale con copertura piana, è più alta delle laterali che presentano invece un guscio a crociera. Pavimentata a mosaico, si contraddistingue subito per il suo stile preciso e raffinato che ancora oggi permette di immergersi negli antichi fasti delle atmosfere della Belle Époque.
La gente apprezza la novità e con la moderna costruzione è finalmente giunta a soluzione anche l’annosa questione relativa al collegamento del Castello con il borgo di Villanova. L’entusiasmo è tanto e il battesimo dello scenografico monumento precede addirittura la fine dei lavori.
Nel 1902 il bastione ospita il decimo congresso nazionale degli ingegneri ed architetti italiani, e la galleria destinata a cene e pranzi di gala inizia ad imporsi per la sua vocazione mondana.
L’anno successivo, in occasione delle “Feste di Maggio”, l’ampio locale diventerà anche il fulcro di un ciclo di eventi che fa da contorno alle solenni celebrazioni dedicate a Sant’Efisio.
La Passeggiata coperta, pensata come un salotto in cima alle antiche mura, insieme all’ariosa terrazza allietano i pomeriggi e le serate della borghesia cittadina all’alba del Novecento, ma dove anche i popolani, fra chiacchiere, sguardi indiscreti e pettegolezzi, possono assistere alle sfilate delle signore in abito lungo, a braccetto con altrettanti signori tutto d’un pezzo con bastone e paglietta.
Nel 1907, alla fine di Aprile, la galleria diventa per una settimana la sede di una rassegna merceologica, organizzata dall’Associazione Commercianti ed Industriali della provincia. Incentrata nell’esposizione di prodotti isolani: formaggi, latte, selle, carrozze, mobili e aratri, richiamerà un foltissimo pubblico che non baderà al ceto sociale di provenienza. L’anno seguente si replica con “L’esposizione del frumento” che, ideata dal Consorzio Agrario e dalla Società degli Agricoltori Sardi, apre i battenti il 30 aprile, attirando questa volta solo coloro che hanno un interesse ai macchinari, agli attrezzi e ai prodotti chimici legati allo sfruttamento della terra.
Nel 1910, appena cala la sera, il Bastione di Saint Remy si presenta sfarzosamente illuminato con torce di bengala. L’omaggio è rivolto al re Vittorio Emanuele III e alla regina Elena, che sono giunti in visita in città.
Nella primavera del 1912, il grande ambiente coperto ospita invece una mostra di artisti locali, e qualche anno più tardi, in piena Grande Guerra, accoglie un gruppo di prigionieri austriaci che, superando la difficoltà della lingua, riescono ad intrecciare rapporti con i cagliaritani.
Nella panoramica piazza il movimento non si allontana dalla consuetudine, e dopo la Prima Guerra Mondiale, chi si dilettava a passeggiare e a sostare lungo i sedili del parapetto, si riappropria finalmente dello spazio, per tre lunghi anni nuovamente precluso alla popolazione.
Il Bastione di Saint Remy, però, non è soltanto un terreno di frivolezze, ma diventa anche il fulcro delle manifestazioni, consacrandosi come uno dei luoghi più importanti della vita cittadina, la cui funzione sembra voler diventare sempre più insostituibile. La Terrazza Umberto I è quindi contemporaneamente salotto mondano, centro di aggregazione, ma anche una piattaforma dove convergono le tensioni degli ideali.
All’esposizione della terrazza, non corrisponde, però, un analogo sviluppo della galleria sottostante. I gradini che la separano dalla piazza Costituzione continuano ad impedirne un’utilizzazione permanente, tanto che, durante gli anni Venti del Novecento, attraverso la predisposizione di tramezzi tra i pilastri, viene trasformata in maniera da poter accogliere le classi della scuola complementare “Regina Elena”.
Il decennio che precede il secondo conflitto mondiale vede Cagliari trasformarsi in una città vera. Agli occhi dei cittadini, l’evoluzione si concretizza con le numerose opere pubbliche impostate dai podestà Vittorio Tredici ed Enrico Endrich, le bonifiche di Santa Gilla e Su Siccu, la nascita della Cementeria e lo Stabilimento della Montecatini per la produzione di concimi chimici. Il capoluogo trae profitto anche dalla cosiddetta “legge del miliardo”, lo stanziamento straordinario con cui nel 1924 il Governo ha inteso affrontare i problemi isolani. Ne consegue un vero benessere che, oltre ad incrementare i consumi, determina un processo di avvicinamento tra le classi sociali.
Il fascismo, che sembra generare prosperità e ricchezza, avanza silente, e pian piano impone un nuovo stile di vita.
Si impadronirà anche del bastione, tanto che, nei primi anni del 1934, tenendosi in città il Consiglio nazionale del partito, sulla torretta campeggerà a caratteri cubitali la parola Duce, che ricomparirà poi anche nel giugno del 1935, quando, alla presenza di Benito Mussolini, la divisione “Sabauda” s’imbarca per l’Africa Orientale.
Il Regime imprime la sua impronta soprattutto con iniziative musicali e manifestazioni organizzate allo scopo di coinvolgere la gente ed ottenerne il consenso, il tutto sulla scenografica Terrazza Umberto I.
Tra il 1936 e il 1940 lo scenario del bastione è dominato dal fragore delle feste e dall’entusiasmo dei cagliaritani, ma continueranno anche le cerimonie religiose e non mancheranno gli episodi che dimostrano come il grandioso belvedere sia un palcoscenico dove la vita si manifesta in tutte le sue sfaccettature. Tuttavia, mentre lo slargo continua a svolgere il ruolo di platea mondana, il prospetto su piazza Costituzione diventa invece il teatro delle manifestazioni politiche all’insegna del fascismo.
Il movimento politico mette le mani anche sulla Passeggiata coperta con l’intento di assicurarle quella vitalità che non ha mai posseduto. Concerti, operette, varietà, festival, mostre e fiere. I presupposti perché venga invasa dal pubblico ci sono tutti.
Nel 1937 si vara una mostra coloniale che, al suo interno, allinea una ricca gamma di materiali connessi all’impresa in Etiopia: armi, bandiere, oggetti appartenuti ai ras e trofei.
Il pubblico che nel maggio del 1938 visiterà la galleria si ritroverà invece davanti agli occhi maschere antigas, vestiti anti iprite, cappucci anti polvere, filtri contro il fosgene, l’acido cianidrico e l’ossigeno di carbonio, estintori, apparecchi per la respirazione artificiale, nebulizzatori. In buona sostanza, tutto ciò che la scienza e la tecnica hanno realizzato per difendere la popolazione dagli attacchi aerei ed in particolare da quelli condotti con i gas.
I tamburi di guerra iniziano a rullare. Il conflitto si avvicina a grandi passi, e lo testimonia anche l’apertura del Dopolavoro per i richiamati, voluto dalla federazione fascista per dare una mano ai militari.
Nel mese di Novembre del 1940, nella nicchia alla base del bastione viene affissa una grande carta geografica nella quale compaiono le zone interessate dalle operazioni militari. La scalinata diventa invece sede di raduni, legati alla guerra in corso.
Nella terrazza Umberto I il passeggio continua, ma via via che la guerra avanza, perde d’intensità. Nell’animo dei cagliaritani si è insinuata la paura. I giorni sereni diventano il ricordo di un passato felice che ormai non c’è più.
L’arpione della guerra penetra nel corpo di Cagliari nel febbraio, marzo e maggio 1943. Le incursioni aeree alleate provocano tantissimi morti e distruggono o danneggiano edifici pubblici e abitazioni. La popolazione sfolla in massa. Il capoluogo isolano è un immenso cimitero.
Il bastione viene colpito nelle incursioni del 26 e 28 febbraio. Le bombe scavano nella terrazza un profondo cratere e sfondano il soffitto della Passeggiata coperta, dove muoiono alcuni soldati di un reparto tedesco che vi si era acquartierato. La torretta va in frantumi, i conci si disseminano per tutta la piazza Costituzione.
Terminata la guerra, lentamente, i cagliaritani cercano di riappropriarsi nuovamente del bastione sinistrato, ma tutti hanno la sensazione che la Terrazza Umberto I non conoscerà mai più lo splendore del periodo prebellico. L’antico ritrovo ha un aspetto desolante. Gli aspiranti suicidi lo scelgono per porre fine ai loro giorni, lanciandosi nel vuoto.
La ricostruzione comincia solo nel 1955. Il primo agosto 1958, Antonio Ballero celebra la rinascita della torretta con un articolo in un quotidiano locale, ma l’esistenza del monumento simbolo va avanti alla meno peggio, e gli avvenimenti per rompere la monotonia sono sporadici.
Nel 1961 vengono installati lampioni con tre bracci che illuminano a giorno la grande piazza. I più ottimisti credono che per il Saint Remy sia finalmente arrivata l’ora della rinascita. L’aspettativa però non si avvera. I cagliaritani, anche a causa della crescente motorizzazione, indirizzano le loro scelte verso altri lidi. Il bastione richiama ma non è più l’unica meta delle serate estive.
E se la Terrazza Umberto I non brilla, la Passeggiata coperta addirittura langue.
Riparata la volta, ha ospitato sfollati senza tetto, un ufficio postale, e la prima Fiera Campionaria della Sardegna. Poi di nuovo un silenzio tombale. Ogni tanto qualcuno propone dei progetti, ma puntualmente non decollano e nel frattempo i vandali e i tossicomani fanno della grande sala una loro esclusiva.
Le vicende della terrazza e della galleria procedono a sussulti. Ma si tratta sempre di eventi occasionali che non hanno la forza di arrestare la parabola discendente del bastione. La gente lo trascura e a farlo rivivere non servono neppure i 18 nuovi lampioni in ghisa, stile Belle Époque, che il Comune fa installare nel 1986.
Il monumento sembra essersi ecclissato, i cagliaritani lo snobbano preferendo altri punti di ritrovo, e in questo modo anche il grande e panoramico spiazzo diventa un dormitorio per sbandati e senza tetto.
Nel 1985 la Passeggiata coperta subisce l’ennesimo restauro: il salone viene ridipinto con tinte allegre e vivaci, e le grandi arcate prospettanti lungo il viale Regina Elena vengono chiuse da imponenti vetrate.
La riapertura porta un’ondata di entusiasmo: congressi, mostre, festival, rianimano la sala che ricomincia ad essere frequentata anche dalla cittadinanza. Poi, di punto in bianco, nel 1987, gli ingressi vengono nuovamente sbarrati: dalla soffitta sono caduti dei calcinacci ed un pilastro che poggia nel sottosuolo, intriso di umidità, ha ceduto.
La Passeggiata coperta risorge e poi muore. In continuazione.
E alla crisi costante di quello che è nato come un mondano salone, fa da eco anche il declino della Terrazza Umberto I che nel frattempo è proseguito inarrestabile. L’unica eccezione è rappresentata dai tappetari che, con i loro pittoreschi mercatini, rianimano il bastione, anche se il tutto si conclude nel breve spazio delle mattinate domenicali.
Il monumentale e scenografico edificio però non è ancora defunto, e dopo parecchi anni di incuria e abbandono, la terrazza e la Passeggiata coperta sono state restaurate, e quest’ultima rivalutata come spazio culturale riservato a mostre artistiche.
Oggi il Bastione di Saint Remy non è solo un aereo balcone da cui si possono ammirare scenari d’incanto e dove la brezza regala ore impagabili, o un ambiente che ospita convegni, esposizioni ed altri eventi di carattere socio culturale, perché nei locali che corrono paralleli alla galleria Umberto I, in uno dei percorsi restituiti alla luce qualche decennio fa, è riaffiora l’antica cinta pisana.
Questa volta è la storia che prova a venire in soccorso al monumento novecentesco, facendo ricomparire, a pochi metri dalle arcate in laterizio, la massiccia struttura a gradoni fino ad ora nascosta. Qualche metro indietro poi, ecco segni della presenza spagnola: un canale di scolo di una cisterna, probabilmente collegata all’acquedotto di Fontana Bona.
Da questo spaccato della Cagliari fortificata si entra in altri ambienti straordinari, cunicoli di servizio dei baluardi spagnoli, cannoniere e altre gallerie riaffiorate in seguito alla sistemazione della Passeggiata coperta che erano ingombre di macerie o semplicemente dimenticate.
Nessuno dei cagliaritani, o quasi, avrebbe mai potuto immaginare che alle spalle di questo salotto mondano potesse esserci ancora custodito il cuore delle antiche muraglie spagnole. Un budello dal soffitto voltato, un antico camminamento militare che conduce a quella che doveva essere la bocca di fuoco. Struttura in parte demolita e totalmente sepolta sotto lo scalone di accesso alla Terrazza Umberto I che prima della costruzione dell’edificio si affacciava sul porto della città.
Attraversando un’ampia sala con la volta in mattoni si può giungere poi anche in quello che probabilmente è l’ambiente più importante, l’alloggio della cannoniera a difesa della cinquecentesca Porta dei Leoni. Una stanza dentro il Bastione dello Sperone che non poteva che essere un’incredibile concentrato di tesori.
Dalla passerella si nota infatti uno strano strumento circolare ancorato al pavimento, probabilmente ciò che resta della macchina elevatrice del cannone. Una cisterna punica e tracce di una cava testimoniano inoltre l’antichissima frequentazione dell’area.
Su un lato scosceso riaffiora anche una strada, forse di epoca romana, e si distinguono ancora i solchi lasciati dalle ruote dentate dei carri.
Si trattava di un asse viario importante che collegava il Castello con il quartiere Lapola. A un metro, il tracciato lastricato diventa acciottolato: siamo di fronte a quella che inequivocabilmente si chiamava via delle forche, nelle vicinanze infatti, con tutta probabilità, era sistemato il patibolo della Cagliari di cinquecento anni fa..
Il Bastione di Saint Remy e la sua Passeggiata coperta hanno avuto bisogno di tempo per essere compresi. Sono stati spesso seppelliti nel campo delle cose di ogni giorno, quelle che ad un certo punto non guardiamo più, quelle che pensiamo non possano riservarci niente di nuovo. E invece il tesoro che custodiscono al loro interno fa cambiare tutto, ed è il motivo che dovrebbe farci capire che non dobbiamo perderlo più.