Krly e la città che cambia

Il Castello visto dal colle di Monte Urpinu

Cagliari, in latino Karalis, e meglio al plurale Karales, vanta un’origine proveniente dalla più alta antichità, e come tutte le città italiane ha sicuramente sofferto le sue vicende storiche, ma non nel nome, che ha conservato nel tempo fin dalla sua formazione. Questo avvenne perché dalla sua origine la città non ha mai cambiato sede e né tanto meno popolazione, al contrario di altre città decadute o non curate dagli imperatori.

Nel ‘500, Roderico Hunno Baeza affermava che il nome Karalis doveva derivare senza alcun dubbio dal greco Kara, cioè testa, poiché Cagliari, fin dalle sue primissime origini, era sempre stata al centro (quindi a capo) di tutta l’isola, oltre che ad avere il primato di essere la città più grande mai fondata in Sardegna.

Il primo a prospettare l’origine semitica del nome Kalaris fu invece S. Bochard che, nel XVIII secolo, interpretò la radice fenicia KAR (città) – KARIR (conforto) con la ragionevole conseguenza che Cagliari offriva ristoro ai naviganti durante le loro lunghe peregrinazioni via mare.

Anche secondo la tesi di Giovanni Spano il nome Karalis è chiaramente di origine fenicia, da Karel, città grande, grande come deve essere una capitale, e preso letteralmente doveva significare “Città di Dio” poiché Kar = città e El = Dio.

Ma al di là di tutte le supposizioni, Cagliari inizialmente era Krly, il luogo dei colli bianchi, come veniva vista dai fenici e dai punici.

In epoca romana invece divenne Karalis (Càralis o Càlaris), e poi Karales (Carales), perché ad un primo nucleo originario di cittadini se ne aggiunsero altri.

Per i pisani era Kallari o Calari, mentre il nome attuale, Cagliari, deriverebbe dalla difficoltà per gli spagnoli di pronunciarne il suono, il proprio del catalano Càller, e poi Callari, che, con il tempo e la traslitterazione prima in castigliano (Càglie) e poi in italiano, divenne appunto Cagliari.

Se si presta un po’ di attenzione si può comprendere che i nomi sembrerebbero tutti adattamenti del toponimo paleo sardo, substrato linguistico di prenuragici e nuragici insediati nelle lagune e sui colli dell’antico luogo di KRLY, ed il significato più attendibile, secondo gli studiosi, alla fine potrebbe essere “(luogo) delle rocce”. Formato infatti dalla radice *kar(r)a = pietra (roccia), e dal suffisso -ali, dal valore collettivo per identificare le molte rocce.

I nomi Castellum, Castellum Novum Montis de Castro, Castellum Castri (ecc..), si riferiscono invece alla posizione della città alta, a suo tempo ben munita e fortificata contro gli assalti nemici.
Alcuni secoli più tardi, questo nome divenne Casteddu e comprese pian piano tutta la città, mentre Castedd’e susu servì per indicare il quartiere alto per eccellenza: alto per la sua collocazione, alto perché fu sede della nobiltà, dell’alto clero, del governo e degli altri uffici ed istituti che guidarono Cagliari per lunghissimi anni.

Nonostante le molte vicende che Cagliari, come capitale dell’isola, ha attraversato, non si trovano tracce dell’epoca fenicia e né tanto meno di quella greca. Mentre della fase storica cartaginese e subito dopo quella romana, dai colli di Bonaria fino al viale Sant’Avendrace, si incontrano continuamente monumenti, vestige e necropoli, ed ovunque si scavi, dappertutto si scopre qualche avanzo di antichità romana.

Non è detto però che tutto quel tratto, quasi tre miglia romane, sia stato una continuazione di città, poiché, dalle osservazioni degli studiosi che grossomodo sono state fatte in ogni epoca, risulterebbe che il primo gruppo di abitazioni esisteva già sotto il colle di Bonaria e lungo la spiaggia del quartiere di Sant’Elia, oltre che occupare la maggior parte del borgo di Villanova con gli orti vicini.  Ma vi erano abitazioni anche lungo la darsena dell’attuale via Roma e nella parte piana della Marina, invadendo il quartiere di Stampace, dalla vecchia chiesa di Sant’Agostino fino a quella di Sant’Anna, passando poi per l’anfiteatro e aggirando anche la chiesa dei Cappuccini.

La città proseguiva dalla piazza del Carmine e avanzava lungo la strada dove un tempo c’era la spiaggia, dirigendosi verso l’attuale viale Sant’Avendrace – lasciando a destra la necropoli – e giungendo fino allo stagno di Santa Gilla, dentro al quale, nel suo fondo, ci sono ancora le fondamenta dei vecchi edifici dell’antica città giudicale. Qui terminava l’antica Cagliari al tempo dei romani, e da qui si ritorna a parlare anche di Karales al plurale, poiché la città era già a quel tempo suddivisa in tanti sobborghi, divenuti oggi quartieri.

Dopo la distruzione di Santa Igia – la città giudicale costruita a protezione dagli assalti dal mare a ridosso della laguna di Santa Gilla – Cagliari era articolata in quattro quartieri ben strutturati (Castello, Marina, Stampace, Villanova) e due sobborghi (Sant’Avendrace e San Bartolomeo), e fino a quando, nel 1847, i Sardi non rinunciarono alla loro autonomia accettando la legislazione di terraferma dei Savoia,  la città era costituita anche amministrativamente da quattro ville, ciascuna con un suo governo locale competente nelle materie ordinarie: nettezza urbana, censimento della popolazione, registrazione delle sepolture al cimitero di Bonaria (in registri separati a seconda della provenienza per quartiere), somministrazione delle vaccinazioni (per le quali ogni borgo usava i locali delle proprie collegiate: Sant’Anna a Stampace, Sant’Eulalia alla Marina, San Giacomo a Villanova, la Cattedrale di Santa Maria nel Castello).

Con la “perfetta fusione” del 1847-1848, e soprattutto con l’Unità d’Italia del 1861, anche per Cagliari inizia una nuova epoca, poiché, unificandosi sia amministrativamente che, e soprattutto, territorialmente, diverrà una città con una sua precisa identità che era la somma e la sintesi di quella dei quattro quartieri storici e dei due sobborghi.
Tutto ciò favorirà anche la mobilità interna che, per ragioni di posto di lavoro, di frequenza scolastica, di appartenenza associativa rispetto all’abitazione, mescolerà le carte in modo che stampacini, villanovesi, castellani e abitanti della Marina diventino buoni conoscitori di tutte le appendici dei quartieri cagliaritani.

E se per parecchi secoli Cagliari era stata una piazzaforte militare, data la sua posizione strategica nel Mediterraneo, ecco che dismessa dallo stato anche questa “barriera”, a partire dal 1866 si iniziano ad abbattere le mura, comprendendo quelle del porto che erano bucate soltanto da alcune calate a mare per raggiungere le navi alla fonda, e quelle che dividevano i quartieri, con tanto di porte di accesso che venivano chiuse la sera.

Insomma, quando Cagliari finalmente diventava Cagliari, la città non era più soltanto la federazione di quattro quartieri e due sobborghi, ma una sola unità sulla quale andrà presto a formarsi la città moderna.

La modernizzazione però, con le vetture del tram che arrivavano fino a Pirri, Monserrato e Quartu, e che portavano i braccianti  nei campi per la raccolta dell’uva e trasportavano il vino allo scalo di via Roma per l’esportazione, inizierà a togliere il lavoro ai carrettieri; l’introduzione delle celle frigorifere nel mercato, che allungavano la buona conservazione degli alimenti indussero invece i bottegai a speculare sui prezzi, causando il primo malessere crescente nella città nuova che portò, nel 1906, anche ai primi scioperi, ai cortei, e alle manifestazioni di protesta.

Ma i primi decenni del secolo sono anche di pacifica crescita, vengono infatti municipalizzati i servizi del gas e dell’acqua, si costruiscono le prime case operaie nell’area di Campo Carreras (fra l’attuale via Bacaredda e la pizza Galilei), si allunga l’offerta scolastica con nuovi casamenti per l’istruzione, si rinnovano e diffondono le reti dei servizi essenziali come quelli fognari e dell’illuminazione, si sistemano le strade urbane e si eliminano gli stallaggi dal centro cittadino perché antigienici.

Cagliari, che secondo la leggenda narrata dallo scrittore latino Gaio Giulio Solino vuole che la città sia stata fondata da Aristeo, figlio del dio Apollo e della ninfa Cirene, giunto in Sardegna dalla Beozia nel XV secolo a.C., si apre al nuovo e inizia a trasformarsi nelle città dei giorni nostri.