I turisti che passeggiano per via Santa Croce hanno poche e sfuggenti informazioni sulla vecchia Caserma San Carlo, che, spesso, è vittima di un equivoco anche per numerosi cagliaritani. Chi visita “Il Ghetto” oggi, infatti, non cammina nell’antica Giudaria, ma sopra un’ex stazionamento militare.
I giudei e il loro quartiere storico esistevano un po’ più giù, ma tuttavia, un ghetto vero e proprio sul modello di quello veneziano, istituito nel 1516, in Castello non c’è mai stato per una ragione cronologica: gli ebrei furono cacciati da Cagliari, come da ogni altro possedimento spagnolo, nel 1492, e a loro furono concessi pochi mesi di tempo per vendere le proprietà e lasciare la città. Chi restò fu costretto ad abiurare la propria religione, o a fingere di farlo, mettendo fine in questo modo alla storia della piccola comunità.
Il nome di questo spazio si affermò dunque solo nel secolo scorso, e cioè quando le strutture, persa l’originaria funzione militare, divennero a loro modo un ghetto, che, dopo la Seconda Guerra Mondiale, offrì per lungo tempo rifugio ad alcune delle famiglie più povere della città.
Per ritornare alle origini di questo luogo bisogna andare indietro di trecento anni, ovvero a quando, a partire dal 1720, le fortificazioni di Cagliari sono nuovamente oggetto di una serie di lavori mirati al potenziamento delle difese.
In quegli anni, su iniziativa del governo sabaudo, la cinquecentesca cinta muraria di San Giovanni (poco tempo dopo rinominata alla Santa Croce) subisce una serie di modifiche, e sul vasto terrapieno, originato dall’edificazione del bastione progettato dagli ingegneri militari al servizio della Corona di Spagna (XVI secolo), i piemontesi riadattano una vecchia casamatta pentagonale, trasformandola nella scuderia del primo corpo militare storico del Regno di Sardegna.
All’arrivo a Cagliari del re Vittorio Amedeo II, le condizioni della sicurezza nel centro urbano si dimostravano carenti. Fu perciò necessario ricreare un corpo di guardia capace di tutelare non solo l’ordine pubblico, ma anche i sempre più diffusi fenomeni di brigantaggio e banditismo.
Tra il 1723 e il 1728, ad opera del capitano piemontese Antonio Felice de Vincenti, la scuderia di Santa Croce viene inizialmente ampliata con la sopraelevazione di un secondo piano destinato alla sistemazione delle truppe, per poi essere definitivamente trasformata nel 1736, con un progetto dell’ingegnere Augusto De La Vallèe, nella caserma di fanteria “Carlo Emanuele III”.
Per la sua difesa, nel novembre del 1732, si provvederà anche alla demolizione del roccione sottostante il bastione, e con il materiale di risulta verrà costruita una controguardia, un’opera a V con le facce parallele a quelle del baluardo. Il suo perimetro di difesa subirà invece un opera di rafforzamento che si concretizzerà con la realizzazione di un bassofianco posizionato a ridosso del lato sud dello stesso bastione cinquecentesco.
Durante il XIX secolo, il fossato presente in questo spazio fu poi colmato, e sulla spianatura verrà ricavata la strada di unione tra i quartieri di Castello e Stampace ribattezzata via Cammino Nuovo.
L’antico complesso militare oggi risulta frazionato in due porzioni distinte. La prima parte si compone di due spazi, molto dissimili tra loro, separati da un cortile lungo e stretto. Vi si accede attraverso il vecchio portale della ex caserma, rinnovato nel 2021, che custodisce ancora una lapide marmorea con un’iscrizione in lingua latina che ricorda la costruzione dell’edificio ad opera del viceré Carlo Amedeo Battista di S. Martino d’Agliè, marchese di Rivarolo, durante il regno di Carlo Emanuele III.
CAROLVS EMANVEL SARDINIAE REX OPTIMVS
CAROLI MARCHIONIS RIVAROL PROREGIS CVRA
STATIONEM HANC MILITVM SOLATIO POSITAM
DIVI CAROLI TITVLO SAPIENTER ORNAVIT
ANNO D(OMI)NI MDCCXXXVIII
Il primo edificio è una bassa costruzione ad un piano, suddivisa in lunghe stanze, il cui prospetto laterale è costituito dalle mura di cinta del bastione, che, poste a strapiombo, guardano sul panorama sud-occidentale di Cagliari. Il secondo corpo, che si dispone invece lungo via Santa Croce, è costituito da una serie di ambienti distribuiti su tre piani, e risulta unito al complesso dell’ex convento gesuitico tramite un piano di abitazioni che sovrapassa la stessa via per mezzo di un solaio gravante su grandi archi.
In origine, il primo edificio ed il piano terra del secondo blocco erano destinati al ricovero degli animali, mentre tutti i piani superiori fungevano da alloggio per il Reggimento dei Cavalleggeri.
Recentemente ristrutturati, i vecchi ambienti fungono adesso da accoglienti residenze abitative.
Il gruppo storico dei cavalieri a cavallo di guarnigione a Cagliari, nel 1776 prende il nome di “Corpo dei Dragoni leggeri”, e durante il 1793, i militari vengono impiegati insieme ai Miliziani sardi anche in occasione del fallito tentativo francese di invasione della città.
Nel 1819 il comparto militare modifica il suo titolo in “Cacciatori Reali di Sardegna”, distinguendosi ancora una volta nella lotta al brigantaggio. Formato da tre sole compagnie, in un primo tempo era costituito solo dai veterani dei reparti di cavalleria della terraferma e da invalidi, mentre qualche anno più tardi, con l’abolizione del Corpo dei Miliziani, tra le sue fila vengono reclutati anche i sardi.
Le istituzioni locali, che avevano una propria struttura specifica, non subirono gli sconvolgimenti dell’uragano napoleonico, mantenendo intatta l’organizzazione statale e la tradizionale fedeltà alla monarchia sabauda. All’atto della Restaurazione, non fu dunque necessario riorganizzare ed epurare il corpo militare da funzionari e ufficiali compromessi, e quelli che ancora erano i Cacciatori di Sardegna vennero trasformati in Carabinieri Reali di Sardegna, organicamente e operativamente autonomi. Nel 1861 infine, con la proclamazione del Regno d’Italia e il riordinamento dell’Arma, i Carabinieri Reali di Sardegna assorbirono il corpo militare ricreato a Torino, che aveva nel frattempo sostituito la Gendarmeria Nazionale napoleonica, divenendo definitivamente Arma dei Carabinieri.
Fino alla Fine dell’Ottocento, l’ex caserma aveva una superficie maggiore e inglobava anche lo spazio più antico che oggi ospita il Centro Comunale d’Arte denominato “Il Ghetto”, recuperato attraverso un complesso restauro curato dal Comune di Cagliari durante gli anni 2000.
All’interno di questa seconda porzione del complesso, che è parte integrante e caratterizzante del Bastione di Santa Croce, sono ancora presenti vari ambienti che evidenziano i diversi ruoli e modalità costruttive dell’insieme, nella sua evoluzione tra i secolo XIII e XIV, e che conservano testimonianze dell’antica architettura, tra i quali una sequenza di setti murari riconducibili alla prima sagoma conferita al bastione da Rocco Capellino nel 1568.
Identificate ciascuna con un proprio nome, la “Sala della Ciambella” viene chiamata in questo modo per la presenza, nel nucleo centrale, di una cavità formata da vari livelli sottostanti. Nella parte sinistra si possono ancora osservare le aperture attraverso le quali venivano inseriti i cannoni per la difesa dagli attacchi nemici, mentre sulla destra si apre tuttora un passaggio a suo tempo percorso da cavalli carichi di munizioni.
La “Sala delle Mura” sorge invece nell’area dove protende una parte dell’antico bastione eretto durante la dominazione spagnola, ed è caratterizzata da un camminamento che conduce al palazzo Regio, frequentemente attraversato dai “Dragoni” con il loro cavalli per arrivare al re.
La “Sala della Cannoniera” è uno degli ambienti forse più importanti. Interamente scavata nella roccia calcarea del colle, e costruita ad un livello inferiore rispetto al manto stradale, era destinata ad accogliere il magazzino d’artiglieria, che comprendeva anche la custodia dei cannoni. Al suo interno è ancora visibile il caratteristico soffitto voltato a botte, ma anche una lunga linea blu tracciata sulle pareti dei muri che indica l’originario livello pavimentale dell’antica casamatta. Nel locale è presente il cosiddetto “Pozzo del vento”, un foro quadrato realizzato nel soffitto che favoriva il ricambio dell’aria.
All’interno della Sala della Cannoniera sopravvive anche una “Porta di Soccorso”, una vera e propria via di fuga che i militari potevano utilizzare in caso di pericolo. Il cunicolo, alto e largo, oggi si interrompe dopo appena qualche metro, ma prima della sua occlusione, consentiva ai cavalieri di uscire dalla caserma e di raggiungere la città bassa di Stampace direttamente a cavallo.
Un altro ambiente particolare è la “Sala della Corona”, che custodisce un affresco che fuoriesce da una successione di strati di intonaco blu, rosa e giallo. Particolarmente danneggiato, l’elemento principale della raffigurazione doveva essere la grande corona che si stagliava al centro e che fa presumere che la camera fungesse da alloggio o da ufficio per il comandante.
La “Sala dell’Arco” è invece caratterizzata da un voltone in tufo di origine spagnola, lateralmente decorato da due sporgenze note come capitelli.
L’ultimo ambiente, scavato in gran parte nella roccia calcarea, è situato a trenta metri sotto il livello regolare della struttura, e porta l’appellativo di “Sala delle Segrete”. La camera si contraddistingue per le sei ampie volte a botte, quattro piemontesi e due spagnole (o aragonesi), che al loro interno ospitano dei particolari banconi in pietra e dei lunghi comignoli.
Alcuni ipotizzano possa essere stata utilizzata per custodirvi armamenti e materiali esplosivi, come effettivamente testimonierebbe la presenza di tre aperture cerate che danno verso l’esterno, mentre altri la indicano come spazio in cui vi erano le cucine o luogo per ferrare i cavalli dei soldati che vivevano nella caserma.
Fino al primo decennio della seconda metà dell’800, il grande complesso che oggi ospita “Il Ghetto” è stato dunque la sede in cui ruotava la vita del variegato mondo di militi e ufficiali che avevano difeso la città dell’epoca. Quando poi, a causa dell’aumentata precisione e potenza distruttiva delle artiglierie nemiche si dimostrò insufficiente a rispondere alle nuove esigenze di difesa, il quartiere militare iniziò ad essere ridotto di parecchie unità di reparti. Con i Regi Decreti del 1866 e 1867, che stabilivano la cancellazione di Cagliari dall’elenco delle piazzeforti e dal novero delle fortificazioni del Regno d’Italia, venne infine assolto ufficialmente dalla sua funzione e seguì la sorte di molti beni demaniali. Passato quindi dal Demanio militare al Comune di Cagliari, alla fine dell’Ottocento il primo blocco del caseggiato fu trasformato, col tempo, in piccole residenze civili abitate da famiglie di modeste condizioni. Fu allora che iniziò il degrado degli antichi spazi della caserma.
Alla decadenza si affiancarono poi i bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale, che aggiunsero ulteriori danni all’incuria generale. Alla fine del conflitto furono gli americani a servirsi dell’ex caserma come zona ricreativa e strategica, dopodiché, il complesso fu utilizzato come abitazione dagli sfollati dai bombardamenti, che vivendo in ristrettezze economiche, contribuirono a rafforzare l’inesattezza del suo toponimo.